In Puglia recentemente abbiamo scelto di recarci sulla costa per una esperienza di mare vicino al tramonto. La strada sul litorale scorreva fluida, alla nostra sinistra si alternavano nell’interno, paesaggi ricchi di olivi secolari, masserie e siti archeologici, alla nostra destra, la bassa vegetazione lasciava spazio ogni tanto ad accessi pubblici al mare, o spazi attrezzati per la sosta, alcune abitazioni e impianti balneari.
Dopo aver trascorso alcuni chilometri a velocità urbana che ci permetteva di apprezzare queste differenze e valutare ogni scelta possibile, abbiamo optato per una sosta al mare e siamo entrati in una grande area di parcheggio sterrata a pagamento, il cui ingresso era definito da una sbarra di accesso alzata.
Data l’ora di quel tardo pomeriggio di inizio luglio un pò afoso, un cartello con scritto “6€ biglietto giornaliero” all’ingresso era appoggiato a terra ben visibile, accanto ad un ombrellone e una sedia di plastica, lasciati deserti. All’interno del parcheggio, lasciato senza divisioni a terra fra uno spazio e l’altro, si vedevano parcheggiate in ordine sparso solo quattro auto. Decisi di entrare per godersi le ultime ore di luminosità per accedere alla spiaggia libera, ci siamo avvicinati agli alberi che delimitavano il perimetro del parcheggio con l’accesso pedonale al mare.
Dopo aver goduto della vista a mare e della temperatura che si faceva più apprezzabile ormai vicini al tramonto, abbiamo deciso di trattenerci per mangiare qualcosa, considerato il cibo che avevamo a bordo che ci permetteva di improvvisare la cena senza altre necessità.
Mentre a bordo si concludevano le ultime fasi di una apparecchiatura minimalista per diminuire gli stress organizzativi, io concludevo il mio sopralluogo intorno al camper, apprezzando la tranquillità dell’ambiente intorno a noi, pensando a documentare con qualche foto e video ciò che stavamo vivendo e che avrei voluto raccontarvi in un modo o nell’altro. Con alcune rapide occhiate, mi sono reso conto che le auto rimaste nel parcheggio si erano allontanate con gli ultimi visitatori provenienti dalla spiaggia, ormai paghi della loro esperienza balneare, nella necessità di abbandonare quel posto per concludere la loro serata altrove.
Ho pensato che eravamo davvero fortunati a poter concludere la serata senza lo stress di rispettare un orario specifico, seguendo la libertà delle proprie improvvisazioni e apprezzando la fortuna di poter aspettare il tramonto pasteggiando con lo sguardo che mirava fuori, dato che il suolo polveroso della piazzola e la fretta di cenare, ci avevano fatto scegliere di cenare a bordo, differentemente da quanto si potrebbe fare grazie al camper, con un tavolino ben apparecchiato all’aperto. Conclusa la cena e riposto tutto, pregustando un gelato camminando sulla passeggiata a mare, avevamo pensato di pernottare in un parcheggio autorizzato alla sosta dei camper che prima dell’arrivo, avevamo notato alla periferia del paese non lontano da noi.
Girato il camper con la punta verso l’uscita, ho notato che la sbarra metallica di accesso era posizionata orizzontalmente per chiudere l’accesso allo spazio nel quale avevamo parcheggiato, ma anche impedendone l’uscita. Il cartello della tariffa giornaliera, la sedia di plastica e l’ombrellone, erano spariti, con qualcuno che non poteva non averci visto, dato l’ingombro del camper. Immaginando di dover sollevare la pesante sbarra a mano per uscire, ho notato un grosso lucchetto come quello delle saracinesche dei negozi, che teneva ben fissata a terra al suo supporto, la sbarra di delimitazione di questo spazio. Era evidente a questo punto, che avevamo sforato l’orario di utilizzo di questo parcheggio anche mancava qualsiasi forma di avviso come limitazione di orario, sul cartello all’ingresso con i costi di utilizzo che comunque adesso non c’era più.
A parte la furiosa reazione a bordo del camper per la sensazione di sentirsi sotto sequestro illegale, ho cercato con il camper in marcia e i fari abbaglianti accesi per scovarlo più velocemente possibile, di trovare lungo il perimetro della piazzola di sosta, uno sbocco verso l’esterno.
Sul lato sinistro, con la pineta e il mare dietro di noi, un altro accesso carrabile comunicante con lo stabilimento balneare privato e attrezzato confinante, era bloccato anch’esso da una catena metallica a maglie chiusa da un lucchetto modesto altrettanto modestamente agganciato con filo di ferro annodato a mano a un palo di legno. Era evidente la fragilità della struttura bloccante resa ancora più precaria dal nostro giusto desiderio di evadere da quello spazio che a questo punto e in questa circostanza, ci rendeva insopportabile la permanenza, ben superiore al desiderio di fermarsi lì per la notte, che qualcuno di noi a bordo aveva espresso con un filo di voce.
Mi sono avviato a piedi nel buio in direzione della struttura dello stabilimento con la speranza di trovare qualcuno, dopo aver lasciato ben chiusa in sicurezza, la famiglia all’interno del camper.
In un paio di minuti, dopo aver trovato la zona bar dello stabilimento balneare con le luci di sicurezza notturne accese, una voce pacata e gentile mi ha chiesto chi fossi e cosa facessi lì a quell’ora. Il sorvegliante di turno, in pochi minuti, sorpreso da quanto ci fosse accaduto, ci ha aiutati a slacciare la catena e il filo di ferro che delimitavo il passaggio fra le due aree di parcheggio e per concludere con lieto fine la serata, ci ha suggerito per normalizzare il nostro stato emotivo, l’indirizzo di una gelateria sul mare raggiungibile a pochi chilometri di distanza, nel centro abitato che avevamo scelto come sede del nostro pernottamento di quella giornata.
In conclusione, questa esperienza ci ha insegnato che, se non ci troviamo a casa nostra o nella nostra proprietà, siamo certamente in quella di qualcun altro. Non esistono terre di nessuno e in ogni caso, che siano presenti cartelli, avvisi, scritte in terra o segnali di fumo come farebbero gli indiani, le regole del gioco e le limitazioni di utilizzo ci sono sicuramente e vanno rispettate, pena, spiacevoli sorprese. Che ci siamo informati con l’elettronica delle App specifiche per camperisti sui cellulari, ci siano cartelli sul luogo, indicazioni visibili o meno, meglio stabilire un dialogo amichevole di approfondimento con chi sta già vivendo quello spazio intorno a noi, per conoscerne le condizioni di utilizzo ma anche per conoscere realtà locali da godere che vengono trasmesse con il solo passaparola e nell’incertezza delle poche informazioni, non abbandonare lo spazio per un tempo troppo lungo, prima che le circostanze possano prendere una brutta piega.